Spotify cambia rotta?
Dopo aver investito molto per ampliare il settore dei podcast, Spotify vuole cominciare a vedere i profitti
Spotify Technology SA sta seriamente valutando l’idea di modificare, se non stravolgere, la sua strategia di marketing, per arrivare a monetizzare in modo concreto e costante, dopo una serie di investimenti importanti e onerosi.
Spotify è già un colosso, poiché è il più grande servizio musicale del mondo, utilizzato da più di 450 milioni, 200 milioni dei quali pagano per avere servizi ed abbinamenti prime.
Per fare un paragone calzante, Spotify detiene una quota del business audio maggiore rispetto a quella che Netflix detiene per il video. Il suo diretto concorrente sarebbe YouTube, come approccio ed utilizzo da parte dei consumatori, ma non fa parte del business audio, quindi ad oggi non c’è un diretto concorrente che possa contrastare la piattaforma.
Cambio di rotta per arrivare a monetizzare in maniera concreta
Perché allora Spotify continua a perdere soldi ogni anno? Prima di tutto, facciamo presente che nessuno dei servizi di streaming musicale realizza profitti, e ciò accade perché gli utenti hanno libero accesso alle canzoni proposte sulla piattaforma.
La decisione di investire nel podcasting ha dimostrato l’intenzione di diversificare e proporre un servizio ulteriore, che però ha comportato un costo notevole, tanto che si stima una spesa di 160 milioni di euro nei primi nove mesi dello scorso anno.
Spotify nel frattempo è diventata una fonte autorevole anche per i podcast, ma sta attuando una serie di cambiamenti interni, a cominciare da tagli al personale e cambi al vertice, per far fruttare gli investimenti effettuati.
Alla base dell’implementazione del settore podcast c’era la politica di proporre podcast originali ai propri utenti, per sottrarlo ad eventuali concorrenti e diventare leader non solo nella musica.
Diversamente da qualche mese fa, la creazione di podcast originali si fa sempre più difficile, se non impossibile, ed è per questo che si sta ispirando maggiormente a YouTube.
Ciò non significa che non ci sarà più spazio per contenuti originali, ma che Spotify punterà in primis ad essere la piattaforma utilizzata da ogni podcaster rispetto allo studio o al detentore dei diritti esclusivi.
Ora distribuisce quasi 5 milioni di podcast, ma l’obiettivo è di raggiungere 50 milioni di creatori. Impresa ardua ma alla portata di una piattaforma conosciuta in tutto il mondo.
Il cambiamento deve passare da una diversa tecnologia pubblicitaria
Per arrivarci, occorre cambiare alla radice, poiché ad oggi Spotify genera circa 12 miliardi di dollari di vendite, la maggior parte delle quali va al mondo della musica, mentre ai podcaster non va quasi nulla.
Come cambiare questa dinamica? Con una tecnologia pubblicitaria simile a quella di AdSense di Google o AdWords per l’audio, che potrebbe portare a catturare miliardi di dollari in pubblicità dai podcast, rimanendo separati dai detentori dei diritti musicali.
Si tratta di una sfida interessante, che potrà avverarsi a patto di sviluppare la propria attività pubblicitaria, portando i creator a utilizzare i suoi strumenti e condividere con l’azienda una parte delle loro vendite pubblicitarie.
Generalmente, i podcaster più affermati e conosciuti vendono la propria pubblicità e non la condividono con l’azienda, ed è proprio qui che vogliono arrivare i dirigenti di Spotify, convinti che questa rivoluzione stia per arrivare.
Il 2023 si apre in maniera decisamente stimolante per Spotify, che, riuscendo in questa impresa, potrebbe effettuare davvero un profondo cambiamento, non solo per la propria azienda, ma per l’intero settore.