Spotify cambia ancora strategia
Come sempre succede, dopo il boom iniziale arriva un periodo di assestamento fisiologico, che costringe a tornare con i piedi per terra. È quanto si sta verificando con i podcast, partiti in sordina, considerati troppo di nicchia, ma poi esplosi, per poi diventare un punto fermo nei mercati ma senza registrare continui exploit.
Spotify e il problema degli inserzionisti
Con questa situazione deve fare i conti Spotify, la piattaforma che in questi anni ha investito e speso di più, costretta però ad un certo punto a fare marcia indietro e compiere una serie di tagli, alle produzioni e al personale.
Spotify vuole ripartire dai 527 milioni di euro persi nei primi sei mesi dell’anno, a fronte però di ricavi per 6,2 miliardi. Un altro dato dice che negli Stati Uniti si stima che il settore dei podcast arriverà nel 2023 a raggiungere ricavi per 2,3 miliardi di dollari, registrando così un aumento del 25% rispetto all’anno precedente. Si tratta senza dubbio di un dato positivo, ma se si pensa che il mercato pubblicitario digitale arriva a duecento miliardi, si capisce bene che ai podcast arrivano solo le briciole.
In realtà, i fruitori di contenuti audio sono in continuo aumento, ma è anche vero che, se si mettono all’ascolto di un determinato podcast, non necessariamente smettono di ascoltare altri programmi. E questo fa storcere il naso agli inserzionisti.
Quindi, non basta investire in podcast di qualità, non basta neppure avere più di cento milioni di ascoltatori, cifra decuplicata rispetto al 2019, perciò Spotify, dopo i problemi con le playlist del rumore bianco, di cui abbiamo parlato in un articolo precedente, affronta quest’altra questione cambiando nuovamente strategia, cercando di creare grandi serie podcast ma limitando gli investimenti ai contenuti esclusivi e condividendo con i big dell’intrattenimento i rischi d’impresa.
Nuova strategia nei contratti podcast di Spotify
Ad esempio, Trevor Noah, conduttore televisivo, ha firmato un contratto di accordo da quattro milioni di dollari ma che permette a Spotify di condividere con lui i ricavi pubblicitari legati allo show. Questo accordo fa capire che l’obiettivo di Spotify è diventare il numero uno mondiale di tutte le produzioni audio, non solo podcast ma anche libri ed intrattenimento, per arrivare a raggiungere 100 miliardi di ricavi entro il 2030.
Nel 2022 sono stati pari a 11,7 miliardi, perciò si tratta di una grossa sfida, che però l’azienda è in grado di affrontare, come ha dichiarato Sahar Elhabashi, capo del settore affari della compagnia.
Come si pensa di arrivare all’obiettivo? Il punto di partenza è la produzione di spettacoli che attirino un pubblico fedele e con esso gli inserzionisti. Questo rimane il punto cruciale e i manager del gruppo lo sanno bene, tanto da pensare di seguire il modello YouTube, vendendo dunque pubblicità con i contenuti dei creator e dividerne i ricavi. Staremo a vedere.