Account Twitter partecipato: si o no?
Con @Sweden, la Svezia aveva sperimentato un account twitter ufficiale condiviso con i suoi cittadini, durato sette anni e imitato anche all’estero
L’IDEA DELL’ISTITUTO NAZIONALE SVEDESE
Un esperimento che aveva avuto successo e che, per la sua originalità, era anche stato imitato da altri utenti: si tratta dell’account nazionale della Svezia su Twitter, che per ben sette anni, dal 2011 al 2018, era stato affidato a gente comune, che per una settimana poteva gestire i post dando risalto ai più disparati argomenti.
@sweden era nato come idea da parte dell’Istituto Svedese, che insieme all’ente turistico locale ha la responsabilità di gestire la presenza del Paese sulle maggiori piattaforme digitali, e sicuramente aveva saputo dare una sferzata ad un profilo altrimenti troppo istituzionale, e forse troppo freddo.
Non era il profilo ufficiale del governo ma un account utilizzato ufficialmente per promuovere la Svezia agli occhi del mondo intero, con la speranza di farla apparire più accattivante e interessante possibile, grazie alle parole spontanee dei suoi cittadini.
ALCUNE REGOLE DELL’ACCOUNT TWITTER
La libertà era pressoché totale, anche se ovviamente c’erano regole ben precise da seguire: il cittadino che veniva incaricato di occuparsi del profilo per un’intera settimana non doveva violare la legge, e questo ci sembra sacrosanto, né poteva inserire post di natura pubblicitaria, di nessun marchio, e, regola ugualmente tassativa, non si doveva minare la sicurezza di nessuno, che fosse l’ente stesso o persone fisiche poco importava.
A parte queste limitazioni, il curatore, che veniva scelto tramite un comitato, a cui facevano parte membri di età compresa tra i 15 e gli 81 anni, poteva davvero comunicare ciò che più desiderava, e dare cosi un taglio personale all’account, almeno per il tempo in cui durava il suo particolare mandato. Alla fine della settimana, era lo stesso curatore che poteva indicare il proprio successore.
Con questa modalità, sono stati 365 i cittadini che hanno potuto accedere all’account, generando circa 200.000 tweet, ma saranno tutti stati capaci di dare del proprio Paese l’immagine migliore, o a volte ne è uscita qualche magagna?
Non sempre tutto è filato liscio, perciò, se spesso sono emersi i punti di forza della Svezia, che sicuramente ha potuto così conoscere momenti di gloria e di popolarità notevoli, in altre circostanze il passo falso c’è stato, compreso un battibecco con Donald Trump nel 2017 e una conferma della rivalità con la Danimarca. Nonostante ciò, in sette anni sono stati cancellati solo sette tweet, tre dei quali colpevoli di aver infranto le regole del copyright.
Questo significa che il desiderio di creare un account partecipato e partecipativo era reale, e dettato dalla consapevolezza che è indispensabile capire come un Paese viene percepito dall’esterno, soprattutto in un periodo storico in qui la comunicazione di massa è vitale e vissuta in maniera quasi esasperata. E chi meglio dei cittadini comuni potevano esprimere questo concetto e far emergere le caratteristiche vere della nazione in cui vivevano?
L’ACCOGLIENZA NEI CONFRONTI DI QUESTO ESPERIMENTO
L’esperimento era stato accolto positivamente, non solo per la novità che portava in sé, cioè aprire le porte alla gente comune, ma anche in termini di numeri: da 30.000 followers si era passati a 147.000, di certo sopra ogni aspettativa. E ne erano seguite anche alcune imitazioni, con la nascita di @peopleoffinland e @Ukraine. Anche l’Irlanda, seguendo questo trend, aveva deciso di gestire Twitter in modo partecipato.
Per distaccarsi da eventuali punti di vista troppo personali, quando il curatore in carica tendeva a soffermarsi su un particolare argomento o a narrare la sua quotidianità, veniva suggerito di utilizzare l’hashtag #myownview ai threads: in questo modo si evitava la censura senza però essere costretti a sposare appieno ciò che veniva twittato. Scelta furba ma democratica, non c’è che dire.
Ma, allora, la domanda sorge spontanea: perché chiudere un progetto che si era rivelato positivo? A parte alcune bucce di banana inevitabili, anche @sweden era stato bersaglio di hate speech, come spesso accade ai profili pubblici, e in particolare l’anno più critico era stato il 2016, e soprattutto quando toccava alle donne occuparsi del profilo.
Inoltre, il sistema di blocchi era ormai diventato stabile, rendendo il progetto più macchinoso: se, infatti, inizialmente, a ogni cambio curatore gli utenti bloccati dal precedente venivano sbloccati, si è proceduto a tenerli congelati. Questo perciò non ha contribuito a snellire le procedure.
In realtà, quando è stata annunciata la chiusura dell’account, non è stato dato nessun motivo specifico, se non che, dopo sette anni, forse l’esperimento non aveva più nulla di così rivoluzionario. Trattandosi di un profilo in uno dei più celebri social network, anzi, è durato moltissimo perché si sa che tutto ciò che viaggia online è in continuo mutamento e stare al passo è indispensabile, anche se si tratta di un profilo ufficiale.
Considerando che in tanti ne hanno parlato e che ci sono stati anche tentativi di imitazione, riusciti più o meno bene, si è trattato di un progetto di successo, ma destinato a finire, come tutte le cose belle.