Spotify: il futuro sta nelle proprie radici
Spotify rappresenta per tutti un punto di riferimento, sia per chi usufruisce dei suoi contenuti sia per la concorrenza, che osserva e studia tutti i suoi movimenti per poter stare al passo. Tra questi, ci sono soprattutto Apple, Amazon e YouTube, che sta registrando un notevole exploit anche nel settore podcast.
Ma cosa rende una piattaforma diversa o migliore dell’altra? Per Dustee Jenkins, Chief Public Affairs Officer di Spotify, si tratta, almeno per la sua azienda, dell’approccio incentrato su una singola app, a differenza di altre piattaforme che preferiscono avere app diverse a seconda dell’uso
Se ad alcuni potrebbe sembrare una scelta non corretta, da Spotify fanno sapere invece che questo approccio ha permesso di aggiungere più contenuti e più valore all’app in modo fluido, a vantaggio sia degli utenti che dei creatori.
Spotify al World Governments Summit di Dubai
Tutto ciò, e molto altro, è stato affrontato durante il recente World Governments Summit svoltosi a Dubai dove, al cospetto di oltre 4mila delegati del settore pubblico e privato, appartenenti anche alle Nazioni Unite, alla Banca Mondiale, al Fondo Monetario Internazionale, all’Organizzazione Mondiale della Sanità, all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica e alla Lega Araba, si è discusso ampiamente anche dell’intelligenza artificiale.
Come si pone Spotify nei confronti dell’IA? Jenkins, presente a Dubai dove Spotify ha una sua sede fisica, ha affermato che si cerca di abbinare gli esseri umani agli algoritmi per ottenere il miglior risultato finale, ricordando come l’intelligenza artificiale si stia dimostrando molto utile ai musicisti e ai servizi streaming.
Non è però tutto rose e fiori, poiché l’attenzione è giustamente rivolta anche al potenziale furto di contenuti ai danni dei creatori, causando potenzialmente un abisso economico nella pubblicazione di contenuti, ma Spotify ha già messo in atto misure precauzionali per proteggere musicisti e creator, a cominciare dall’applicazione severa delle regole relative al copyright.
Ciò che Jenkins vuole sottolineare è un buon uso dell’intelligenza artificiale, ma senza impedire ai propri creator di utilizzarla, specialmente se si tratta di espedienti che vanno a migliorare la presentazione dei propri contenuti e l’esperienza degli ascoltatori. Spotify, infatti, grazie all’IA aiuta gli utenti a scoprire contenuti che potrebbero interessarli e a ricordare quelli che hanno apprezzato in passato.
Un esempio lampante è quello di AI Dj, guida personalizzata adottata da Spotify per apprendere i gusti musicali degli utenti e fornire una line-up curata di musica.
Il futuro della piattaforma vedrà probabilmente l’IA inserirsi nel mondo del podcasting, settore nel quale Spotify vuole ancora eccellere e primeggiare, senza dimenticare però gli audiolibri, nonostante la supremazia, in questo caso, spetti ancora ad Audible e, dunque, ad Amazon.
Tutto ciò fa capire come l’audio rimanga il primo pensiero della piattaforma, segnale che dalle radici non ci si allontana, soprattutto se da queste arriva il maggiore successo.